Woland-Emanuele Sartoris

Woland

A Woland, il diavolo, Michail Afanas’evic Bulgakov affida uno fra i dialoghi più incisivi de “Il Maestro e Margherita”. Parlando con Levi Matteo, gli chiede: “Che cosa sarebbe il tuo bene, se non esistesse il male, e che aspetto avrebbe la terra se le ombre sparissero?”. Forse, il nulla. In questo omaggio ad uno fra i libri più importanti del Novecento, niente si ferma e niente si agita. A parte la “Suite dei tre demoni”, che stride e gorgoglia disseminando sviluppi armonici stregoneschi: è la seduzione del male. Spesso, nella Storia, più attraente della verità e della giustizia. In questo disco, il suono tanto si spande nello spazio da farci percepire il mistero della genesi musicale. Si premia la sospensione del pensiero, ma senza mai indugiare. Senza galleggiare a mezz’aria, come accadrebbe ad un discorso non finito. Anzi, quella certa simpatia di Bulgakov per la polifonia e il contrappunto, richiama l’attenzione che Eloisa Manera - la violinista - dà alla liquidità. E’ lei a “cristallizzare l’inconscio in modo trasparente e geometrico” (ci aveva detto pochi anni fa, parlando del suo mondo musicale) con una forte tentazione per la “melodia-accordo”. Un depositarsi di memorie che sbocciano come note dell’Est dai lontani accenti klezmer - accade regolarmente qui - odoranti di orientalismo russo. L’eco folclorico immerso nel bagno dell’avanguardia: con gli abbellimenti del violino (in “Margherita) che spintonano ora verso Paganini, ora verso Vivaldi. Ma come farebbe Gidon Kremer. Non tanto un inseguirsi, quanto un amarsi. Lo fa Emanuele Sartoris, il pianista colto che si allinea alla sensibilità di Eloisa nel richiamare a volte, nella costruzione delle linee, la vaporosità di Scrjabin. E’ lui che saccheggia le ombre degli accordi in “Abadonna”: il suo aplomb quasi impressionista (con sfumature inattese nell’uso degli armonici) si allea alle spinte di quell’archetto che screpola, e chiosa, in una dolenza quasi sfacciata. E’ questa la “sospensione” sulla quale concorda Massimo Barbiero: favolistico perché sulfureo (“Woland”); evocativo perché dotato di un forte senso della narrazione, “primitivo” perché al servizio di una musica che, per il fatto di essere sospesa, è anche infinita.
Davide Ielmini 
Discografia